Islamizzazione
L’islamizzazione della regione fu un processo lento, che trasformò profondamente non solo questa regione, ma gli equilibri politici ed economici del Mediterraneo, per secoli un mare romano. Al termine di esso la Mauretania si chiamerà Maghreb Al-Aqsa (occidente estremo) e l’Hispania Al-Andalus. Roma, che era stata per secoli il centro di consumo e di smistamento dei beni prodotti nelle province costiere e nelle aree più interne, diventerà una città periferica e lo rimarrà a lungo. Le grandi correnti del commercio attraverseranno il Mediterraneo da Oriente a Occidente verso una pluralità di centri che si abbelliranno di monumenti, palazzi e giardini e che produrranno una nuova cultura intellettuale e materiale raffinatissima, traducendo e conservando l’eredità scientifica e letteraria del mondo greco-romano. Lingua e religione accomuneranno popolazioni diverse.
L’invasione araba di queste regioni estreme del bacino mediterraneo avvenne per tappe e fu favorita dalla debolezza dell’impero bizantino. Le prime incursioni ebbero luogo intorno alla metà del VII secolo; Oqba ben Nafi, comandante degli Omayyadi di Damasco, invase le regioni costiere dell’attuale Tunisia e fonda Qayrawan; si deve a lui la costruzione della prima moschea del Nord Africa. Intraprese quindi una spedizione verso occidente del 681-682) che non trovò resistenza: raggiunse Tangeri, sottomise i Ghomara del Rif, trattò con l’esarca bizantino di Ceuta Ioulianos e proseguì la propria avanzata verso il Sudan. Questa fulminante avanzata non portò, naturalmente, ad una vera e propria occupazione stabile e permangono dubbi sull’affidabilità delle fonti che ne riferiscono lo svolgimento.
All’inizio dell’VIII secolo Musa bin Nusayr, terminata la riconquista dell’Ifriqiya, prese Tangeri, ove insediò un governatore, ed iniziò una sistematica opera di conversione all’islam delle tribù berbere, che fu coronata dal successo. Nel 710 nominò governatore di Tangeri il berbero Tariq bin Ziyad, che l’anno successivo attraversò lo stretto che prese il suo nome (Gibilterra, da Jebel Tariq, la montagna di Tariq) con un potente esercito che si avvalse di imbarcazioni fornite da Ioulianos. Questo era costituito in gran parte da Berberi che si erano convertiti anche in vista delle ricchezze che avrebbero ricavato da questa impresa. Delusi dalla spartizione delle terre tolte ai cristiani in Spagna e oppressi dai soprusi dei governatori arabi, già convertiti alla dottrina kharigita, nel 740 fecero esplodere una insurrezione a Tangeri, cui seguirono ulteriori scontri e, avendo avuto ragione delle truppe inviate dalla Siria, liberarono un’ampia zona del Nord Africa dall’egemonia del califfato Omayyade. Nacquero così alcuni piccoli principati, ma nessuno ebbe la forza di imporsi agli altri.
L’unificazione della maggior parte delle tribù del Marocco settentrionale, anche se di breve durata, fu opera di Idris I e dei suoi successori, gli Idrisidi, di confessione sunnita; è alla loro fervente opera che si deve una più compiuta islamizzazione di queste regioni all’estremo occidente del Mediterraneo. Ma le tribù che si erano sottomesse all’autorità del fondatore della dinastia se ne affrancarono ben presto senza trovare una nuova unità, cosicché il Maghreb estremo divenne, nel X secolo, oggetto del contendere tra i Fatimidi dell’Ifriqiya e gli Omayyadi di Al Andalus, che se ne impadronirono. Il loro dominio fu però di breve durata: i Maghrawa cessarono di sostenerli e, impadronitisi di Fès, la dominarono per circa 75 anni. Saranno gli Almoravidi, quindi gli Almohadi, a por fine alla frammentazione politica della penisola tingitana a partire dal 1083.