Gli interessi ispano-portoghesi

La «Reconquista» della penisola iberica da parte dei re cristiani ha inizio con la loro vittoria  a Las Navas de Tolosa sul califfo almohade, nel 1212, che apre la strada alla presa di Siviglia (1248), seguita dall’occupazione dei porti andalusi sull’Atlantico resiste soltanto il piccolo regno di Granada. La battaglia del Rio Salado (1340), con la sconfitta dei Merinidi, non riesce comunque ad assicurare il controllo dello stretto alle potenze cristiane. Solo a partire dal 1415 i rapporti di forze Nord-Sud lungo lo Stretto subiscono un’inversione; alla fine di questo processo Portoghesi e Spagnoli sono presenti in varie città e in molti punti strategici lungo la costa. Ceuta è conquistata da João I del Portogallo nel 1415, Ksar Sghir, presa anch’essa dai Portoghesi nel 1458, manterrà un presidio militare sino al 1550; Assilah sarà anch’essa sotto la dominazione portoghese dal 1471 al 1578. Tangeri, già difesa nel 1437 dal vizir wattaside Abu Zacharias, cadrà insieme ad Assilah nel 1471. La politica spagnola di espansione in Africa, logica conseguenza della Reconquista dopo l’unificazione della Spagna seguita alla presa di Granada (1492), si scontra tuttavia con la reazione dei sultani Saadidi e con l’irruzione dei Turchi nel Maghreb centrale e orientale. Presidios spagnoli e fronteiras o fortalezas portoghesi non potranno essere mantenuti a lungo, anche perché la pirateria non lascia tregua.

La fine delle ambizioni portoghesi sul Marocco è segnata dalla battaglia dei Tre Re, combattuta presso l’Oued Makhazin il 4 agosto del 1578, dove perse la vita il re Sebastiano I (Dom Sebastião). Il Portogallo, con tutti i suoi possedimenti, venne unito alla corona di Spagna. Sebbene la guerra dei Trent’anni avesse indebolito le potenze europee, la Spagna trasse enorme vantaggio dall’oro che giungeva dal Nuovo mondo: ogni galeone ne portava a Cadice sino a quattro tonnellate, annullando la concorrenza marocchina e indebolendo il paese di fronte alla minaccia di una nuova espansione europea. La Spagna occupò dunque Larache nel 1610 e altri centri negli anni successivi, mentre il Portogallo riprese Tangeri nel 1640.

Il movimento popolare e religioso di reazione a queste presenze europee si appoggiò sulle confraternite e promosse il jihad, la guerra santa per la riconquista: era delle zawaya Questo movimento aveva fatto emergere un potere sharifiano che si appoggiava sui marabutti ed aveva portato in primo piano la dinastia Saadida.

In questo quadro complesso e instabile si inserisce il fenomeno della pirateria, la cui origine va cercata nell’espulsione, attuata in varie fasi, dei musulmani dalla penisola iberica. Questi trovarono rifugio sull’altra sponda dello Stretto; i primi Moriscos, provenienti da Hornachos in Estremadura, si insediarono a Rabat e con un gruppo di Andalusi giunti successivamente fondarono la Repubblica (quasi) indipendente di Salé, che ebbe come principale attività la lotta in mare contro i Cristiani, dunque la pirateria. Questa attività, esercitata anche da altre città, portò immensi benefici economici: metalli preziosi, tessuti, merci di ogni genere predate dalle navi riempirono i magazzini, mentre i prigionieri, incarcerati, diventavano merce di scambio per ottenere cospicui riscatti o venivano utilizzati nell’edilizia o in altri settori produttivi; medici, chirurghi ed esperti di armi vennero impiegati nei settori di propria competenza. Molti di essi si convertirono (Renegados) e si inserirono nella vita economica o parteciparono alle spedizioni corsare, altri riuscirono a raccogliere la somma per il proprio riscatto. Questo poteva avvenire anche in gruppi, in cambio di prigionieri mori a seguito di trattative tra emissari di potenze europee e autorità locali; di fondamentale importanza in queste operazioni di redenzione furono alcuni ordini religiosi (redentoristi), specialmente i Mercedari spagnoli e i Trinitari o Maturini francesi.  

Il baluardo della resistenza alla penetrazione portoghese fu la città di Chefchaouen, la cui fondazione fu voluta nel 1415, all’indomani della conquista portoghese di Ceuta, da Mulay Ali Ibn Rashid, più noto col nome di Ibn Jumaa. Discendente di un santo uomo idriside, quindi del Profeta (sharif), e capo della tribù rifana degli Akhmes del Jebel Alam, egli aveva combattuto in Spagna con i Nasridi contro l’esercito cristiano; rientrato in patria aveva deciso di proseguire la guerra santa contro i Portoghesi. Assassinato da questi ultimi, non vide la realizzazione dell’ambizioso progetto, che fu portato a termine dal cugino Abu Al Hasan Ali Ibn Rashid, anch’egli di ritorno dalla guerra santa (jihad) a Granada. La scelta del sito fu dettata da motivi strategici: tra le montagne popolate da tribù berbere irriducibili, a una quarantina di chilometri dal mare, sulla via che univa Tétouan, alla quale fu sempre legata, a Fès. Questa posizione permetteva da un lato di impedire la penetrazione portoghese nell’interno, dall’altro di tenere sotto costante minaccia le piazzeforti costiere occupate. Leone l’Africano scrive, nel 1526, che “gli abitanti della città e quelli della montagna non pagano alcuna imposta al signore perché nella maggior parte sono suoi soldati, a piedi o a cavallo”. Ma l’opposizione agli Europei non fu solo di carattere militare: la città divenne anche, nel tempo, un centro religioso e spirituale molto attivo, tanto da meritare l’appellativo di Città virtuosa, santa, Madina Al Saliha, e agli stranieri, segnatamente cristiani, non fu consentito di accedervi sino agli inizi del XIX secolo. Questa sacralità deriva dalla vicinanza al sepolcro venerato dello sharif idriside Mulay Abdessalam Ibn Mchich sul Jebel Alem, una cinquantina di chilometri a NO della città, che era tappa obbligata per il pellegrinaggio annuale (mussem) a quello che è stato definito un “polo mistico dell’Occidente”. Questo sant’uomo avrebbe introdotto nel XII s. la dottrina sufi in Marocco. La città perse la propria autonomia sotto il sultano saadida Mulay Abdallah Al Ghalib Billah, accentratore, che non aveva voluto portare aiuto ai Moriscos insorti nelle Alpujarras.

Altro centro di opposizione alla presenza europea sulla costa africana dello Stretto fu Tétouan: difesa naturalmente dai monti Darsa e Ghorghiz, era aperta tramite la valle dell’Oued Martil, verso il mare. Nel suo porto alla foce dell’Oued Martil, che rimase a lungo l’unico scalo mediterraneo libero dopo la caduta di Ceuta, Ksar Sghir, Tangeri e Assilah trovavano rifugio i corsari che arricchivano la città; da lì partivano le merci preziose che le carovane portavano dall’interno dell’Africa e lì arrivavano gli esuli cacciati dalla Spagna.