Epoca dei protettorati

L'ISTITUZIONE DEI PROTETTORATI. Con la presa di Algeri da parte delle truppe francesi 5 luglio del 1830 ha inizio il periodo del colonialismo europeo nel Maghreb, che si concluderà solo con l’indipendenza del Marocco e della Tunisia nel 1956, quindi, al termine di una sanguinosa guerra, dell’Algeria nel 1962.

Al termine di vicende belliche e diplomatiche e della profonda crisi economica in cui versava il paese, la Conferenza di Algeciras del 1906 e il Trattato di Fès del 1912 istituirono i Protettorati francese e spagnolo sul Marocco. Il paese, pur rimanendo un unico regno, fu suddiviso dal punto di vista amministrativo in quattro Zone. Il grosso del territorio fu affidato alla Francia, che lo gestì mediante istituzioni basate sul principio della dualità: il sultano rimaneva capo di stato e capo religioso, delegando i poteri derivanti da questa carica a un Residente francese dipendente dal Ministero degli Esteri e nominato dal Consiglio dei Ministri. Questi rappresentava il Marocco all’estero, dirigeva l’amministrazione, promulgava i dahir (leggi, decreti) firmati dal sultano; di fatto l’amministrazione era diretta e il makhzen esautorato. La popolazione disponeva di due Consigli popolari, divisi nelle sezioni francese e marocchina, con consultivo. Alla Spagna furono assegnate due Zone, quella settentrionale, costituita da cinque province (Lucus, Yebala, Gomara-Chauen, Rif e Kert) corrispondenti a un territorio di 21.000 km2 e con una popolazione di 730.000 Musulmani e 20.000 Ebrei, e la Tarfaya meridionale o Sahara spagnolo, abitata da nomadi, che si estendeva su 26.000 km2. Ceuta e Melilla facevano parte del territorio metropolitano spagnolo ed erano escluse dal Protettorato. L’ultima Zona era quella internazionale, stabilita mediante accordi internazionali stipulati negli anni 1923 e 1924, e corrispondente a Tangeri e ad un ristretto territorio che a ovest giungeva sin quasi ad Assila (381 km2, 60.000 abitanti); smilitarizzata, era amministrata da un Comitato costituito da rappresentanti di Francia, Inghilterra, Spagna, e, dal 1928, Italia e altri paesi, assistito da un’assemblea legislativa costituita da 26 membri (9 marocchini e 17 europei); il sultano aveva un proprio rappresentante (mendub).

L’arbitraria divisione tra la Zona francese e quella spagnola, sbilanciata in favore della Francia e che non teneva conto delle realtà geografiche, culturali e umane, unita al rifiuto francese di cooperare con le autorità spagnole per lo sviluppo del paese, fece sì che l’organizzazione della Zona spagnola mancasse di una politica ben definita; la geografia rendeva inoltre difficilissime le comunicazioni est-ovest e la situazione economica della Spagna era troppo debole per poter consentire operazioni di grande respiro. L’effettivo controllo del territorio non fu pertanto immediato né facile, specialmente al di fuori delle città più importanti (Larache, Assila, Ksar El Kebir, Tétouan). Per rendere effettivo il Protettorato un contingente spagnolo entrò nell’ottobre del 1920 a Chefchaouen, dove i militari rimasero colpiti dal fatto che i membri della comunità ebraica, discendenti degli esuli andalusi, continuavano a parlare un castigliano arcaico (ladino).

 

LA GUERRA DEL RIF. Intanto nel Rif Abdelkrim El Khattabi, uomo colto, abile politico e stratega, era riuscito a unire le tribù berbere e, con l’aiuto del movimento panislamico e della III Internazionale, a organizzare una rivolta. L’impegno in Marocco suscitava scetticismo e contrarietà in Spagna: il territorio assegnato, montagnoso e povero (la potenzialità dei giacimenti minerari del Rif non era ancora nota), era per lo più abitato da tribù in perenne lotta tra loro, cosicché una parte dell’opinione pubblica avversava tale politica e alcuni influenti personaggi ritenevano opportuno abbandonarla. Ad una serie di episodi di guerriglia fece seguito una vera e propria guerra (1921-1925) che, per la cattiva conoscenza del territorio e per i conseguenti errori strategici, costò alla Spagna molte perdite umane: nel cosiddetto “desastre de Anual” del 1921, che è stato definito una delle più cocenti sconfitte del colonialismo europeo in Africa, perirono più di 13.000 soldati e ufficiali (10.973 spagnoli e 2.390 marocchini, contro 1.000 rifani). Il 1 febbraio del 1922, Abdelkrim  proclamò la Repubblica delle tribù confederate del Rif, atto che fu un grave errore politico. Conseguenza della disfatta spagnola fu il colpo di stato del generale Miguel Primo de Rivera (1923), il quale instaurò una dittatura durata sino al 1930 e promise al paese di lavare col sangue il disonore. Intanto le tribù dei Banu Hassan e dei Banu Said si erano unite ai ribelli del Rif e nel 1924 cacciarono la guarnigione spagnola di Chefchaouen che dovette ripiegare a Tétouan; i soldati di Abdelkrim, prima di entrare nella città si tolsero le calzature, in segno di rispetto per la sua sacralità.

L’aiuto francese, conseguenza degli incontri tra Primo de Rivera e il maresciallo Pétain, fu notevole: 32 divisioni e una quarantina di squadriglie (in totale circa 250.000 uomini) sotto il comando di 60 generali, carri armati, la copertura del massiccio sbarco massiccio di truppe spagnole; ad esso si aggiunsero un notevole contingente spagnolo e l’impiego di gas tossici. Ajdir, la capitale della Repubblica del Rif, fu presa il 2 ottobre del 1925; dopo la resa incondizionata del 26 maggio 1926, Abdelkrim partì per l’esilio.

 

IL PROTETTORATO SPAGNOLO. La Zona spagnola era governata dall’Alta Comisaría, che aveva sede a Tétouan (Tetuán), occupata pacificamente dal generale Alfau nel febbraio del 1913 e divenuta la capitale del Protettorato; il sultano aveva un proprio rappresentante (khalifa), membro della famiglia, il primo dei quali fu Mulay El Mehdi (già Plaza Primo), che disponeva di un piccolo governo costituito da cinque ministri, ciascuno affiancato da un consigliere spagnolo (delegado).

Le unità territoriali nelle quali erano suddivise le province si chiamavano cabile (dall’arabo qabila= tribù, in spagnolo tribù di Berberi o beduini) e corrispondevano grosso modo ai territori delle tribù. I distretti rurali erano controllati da interventores (grossomodo corrispondenti ai contrôleurs civils della Zona francese, presenti anche nelle città), veri e propri agenti geo-politici; la loro funzione era, da un lato, quella di controllare le autorità marocchine, dall’altro quella di favorire lo sviluppo dei territori sotto la loro giurisdizione. A ciò si aggiunsero altre incombenze a causa della carenza di personale amministrativo: contrariamente alla Francia, infatti, la Spagna disponeva di risorse molto limitate da investire nel Protettorato.

Solo quando, alla fine degli anni ’20, tutto il territorio divenne sicuro, furono costruite le prime strade con l’attiva partecipazione del genio militare che affiancò l’amministrazione civile. La rete stradale fu infatti concepita nell’ottica del controllo del territorio della Zona spagnola, che era costituito da tre aree completamente diverse tra loro: quella occidentale, con i principali centri abitati e i porti, quella centrale, montuosa, che era un forte ostacolo alle comunicazioni e quella orientale, per lo più pianeggiante, con un’economia agricola. Il tragitto est-ovest era più agevole via mare, tuttavia nel 1927 venne iniziata la costruzione della “carretera rifeña”, che si prolungò sino agli anni ’30. Insignificante fu invece la rete ferroviaria, peraltro ben presto abbandonata, che si limitò a unire alcuni centri del settore occidentale e a brevi tratti costruiti dalle compagnie minerarie nel Rif; l’unica linea che, pur non favorendo lo sviluppo delle città che toccava, rimase ed è tutt’ora in uso fu quella franco-spagnola che univa Tangeri a Fès. Il solo porto di nuova costruzione fu quello mediterraneo di Al Hoceima, mentre continuarono a funzionare quelli di Ceuta e Melilla, giuridicamente territori metropolitani, e quelli sull’Atlantico non vennero potenziati.

Significativa è l’impronta lasciata dalla Spagna sulle città, anche se mancò un disegno generale: in quelle già esistenti furono costruiti nuovi quartieri (ensanches) destinati agli Europei e alle nuove strutture amministrative, mentre nell’impianto generale delle nuove fondazioni, nate per motivi strategici o legate allo sfruttamento minerario o agricolo, si seguirono i medesimi criteri allora in voga in Spagna, senza alcun influsso delle coeve realizzazioni francesi nel sud, peraltro più tarde.

Il Marocco spagnolo giocò un ruolo di primaria importanza nella genesi della guerra civile e della dittatura di Francisco Franco: qui egli aveva cominciato la propria carriera agli inizi del Protettorato. Dopo una parentesi a Oviedo, ove comandò la sanguinosa repressione di una rivolta di minatori, vi tornò come ufficiale della Legione straniera da poco istituita e al cui sviluppo aveva attivamente contribuito e si distinse nella guerra del Rif, tanto da conseguire il grado di generale di brigata all’età di 33 anni. La sua carriera proseguì in Spagna e di nuovo in Marocco; quindi partecipò alla rivolta dell’esercito contro il governo repubblicano, guidata dai “quattro generali” che diede il via alla guerra civile e alla sua lunga dittatura: l’insurrezione ebbe inizio a Melilla e Tétouan il 17 luglio del 1936. Il legame di Franco con il Marocco fu costante: truppe marocchine fedeli ben addestrate gli consentirono di controllare, all’inizio dell’insurrezione, la parte meridionale della penisola iberica e sino alla fine del Protettorato il dittatore fu affiancato dalla Guardia mora, un corpo scelto di militari marocchini fedelissimi che divenne una unità di élite.   

Il comune passato e la comunanza di razza e di sangue (hermanidad hispano-marroquí) venivano a più riprese sottolineati e improntarono il clima culturale del protettorato spagnolo, molto diverso da quello francese; questo patrimonio storico e culturale condiviso venne in qualche caso strumentalizzato, dimenticando la guerra ispano-marocchina e quella del Rif, per creare un fronte comune tra spagnoli e marocchini delle due Zone in funzione antifrancese. In questo clima nacque l’Ateneo Scientifico e Letterario Marocchino, un circolo per l’avvicinamento delle due culture nel rispetto delle norme islamiche, che nel 1916 fondò una madrasa moderna, concedendo borse di studio: veniva così accentuata la personalità di questa Zona contro il giogo intellettuale di Fès e di altre città dominate dai Francesi. Fu creata la Giunta dei Monumenti Storici del Marocco e fu prestata attenzione alle mura medievali di Tétouan e Chefchaouen, alle porte, alle fortezze di Larache, ai quartieri storici. L’artigianato tradizionale fu protetto e incentivato con l’istituzione della Scuola di Arti Indigene di Tétouan; nel 1945 fu creata la Scuola di Belle Arti dove si formeranno generazioni di pittori marocchini; sempre nella capitale fu allestito il Museo archeologico, inaugurato nel 1926 e, nella nuova sede, cinque anni dopo. Esso ospitava i reperti degli scavi effettuati prevalentemente nei siti preislamici della Zona, segnatamente a Lixus e Tamuda. In generale la politica culturale fu improntata ad un liberalismo sconosciuto nella Zona francese, tanto che alcuni nazionalisti si rifugiarono al Nord: erano favoriti i rapporti con gli esponenti panislamici del Cairo, di Gerusalemme, di Nablous e la diffusione della stampa proveniente dal Vicino Oriente, quasi inaccessibile nel Protettorato francese. Non vi fu alcun tentativo di contrapporre Amazigh (Berberi) e Arabi, come nella Zona francese. Nonostante le limitate risorse, la Spagna istituì scuole non coraniche in lingua araba per la formazione di insegnanti marocchini, che gradualmente sostituirono quelli spagnoli; i giovani vennero incoraggiati a recarsi in Egitto al fine di perfezionare la propria formazione islamica e furono assunti insegnanti nel Vicino Oriente. Mentre i Francesi utilizzavano interpreti algerini, le autorità spagnole si servirono di Siriani e Libanesi. La guerra civile spagnola non cambiò questa strategia e anche la politica nei riguardi degli Ebrei rimase la stessa, in contraddizione con quella generale di Franco: espulsi nel 1492 e dispersi nel Mediterraneo, venivano infatti considerati Spagnoli senza patria e potevano svolgere una funzione di trait-d’union tra Spagnoli e Musulmani. Nonostante alcuni eccessi compiuti da falangisti, i notabili Ebrei del Protettorato si rivolsero alla Spagna per aiutare i correligionari della Zona francese minacciati dalle leggi di Vichy.

 

LA ZONA INTERNAZIONALE DI TANGERI. Lo statuto internazionale rese Tangeri uno dei più vivaci centri della cultura e della vita sociale del Mediterraneo. Nel 1940 fu occupata dalle truppe di Franco, che la dichiarò parte del Protettorato, ma la Zona internazionale fu ripristinata dagli Alleati nel 1945; alla sua amministrazione parteciparono da allora anche gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Con l’indipendenza Tangeri tornò al Marocco, ma lo statuto internazionale si mantenne fino al 1960.

L’apertura internazionale della città era già un fatto compiuto nel XIX secolo, quando essa era di fatto divenuta la capitale diplomatica del Marocco e ospitava compagnie di navigazione, società commerciali, postali, telegrafiche, legazioni diplomatiche e consolari. La città era particolarmente ambita dalle potenze coloniali per la posizione strategica e il porto.  Con il nuovo statuto divenne porto franco, richiamando banche e società finanziarie; libera da imposte, sede di innumerevoli rappresentanze diplomatiche e commerciali, divenne un paradiso per spie, agenti segreti, avventurieri e speculatori di ogni tipo; la sua autonomia la rese inoltre un rifugio per gli oppositori al regime franchista. La sua vivacissima vita mondana e culturale e le sue spiagge esclusive richiamarono molti stranieri, alcuni dei quali vi si stabilirono: all’inizio degli anni ’50, periodo di maggiore vivacità, i residenti stranieri erano 60.000. Il carattere libero, tollerante e vivace della città attrasse intellettuali, artisti eccentrici, membri dell’alta società: Allen Ginsberg, William Borroughs, Tennessee Williams, Jack Keruac, Barbara Hutton, Jean Genet; negli anni ’20 vi si trasferì Richard Hugues e nel 1947 Paul Bowles e la moglie Jane. Qui visse Mohammed Choukri, uno dei maggiori scrittori marocchini contemporanei.

 

Le conseguenze socio-economiche immediate dell’indipendenza per la penisola tingitana e in particolare per Tangeri non furono totalmente positive: se, da una parte, la regione si congiungeva col resto del paese che ritrovava l’unità sotto il legittimo sovrano, la sostituzione del franco marocchino alla peseta fece aumentare sensibilmente il costo della vita. Un altro problema fu causato dal fatto che i funzionari marocchini parlavano francese, mentre la seconda lingua della regione era stata per mezzo secolo lo spagnolo. Tangeri in particolare perse in breve tempo moltissime risorse che le derivavano dallo statuto internazionale. Queste difficoltà furono la causa dei disordini che si verificarono specialmente nel Rif negli anni 1958-1959.